“faccia a faccia” di Mario Ceroli a cura di Gianfranco Maraniello MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna 21 dicembre 2012 – 1 aprile 2013.
Dal 21 dicembre 2012 al 1 aprile 2013 il MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna presenta la mostra “faccia a faccia “ di Mario Ceroli rendendo omaggio allo scultore di fama internazionale, protagonista di primo piano di quella nuova generazione di autori che a partire dai primi anni Sessanta ha avviato sulla scena italiana una stagione irripetibile di rinnovamento negli indirizzi del linguaggio artistico.
L’ampia rassegna antologica, a cura di Gianfranco Maraniello, ripercorre l’intera vicenda creativa del maestro di origine abruzzese e romano di adozione, configurando una ricognizione rappresentativa della sua inesauribile vocazione inventiva nella sperimentazione della materia e nell’esplorazione di un universo concettuale costantemente riferito alla tradizione della storia dell’arte.
Le 47 opere presentate al MAMbo comprendono alcune delle più celebri installazioni ambientali di grandi dimensioni, oltre a nuovi lavori presentati appositamente in questa occasione.
L’artista ha pensato la mostra come un unico progetto, scultoreo e architettonico al contempo. Capovolgendo il principio ideativo della sua celebre opera-ambiente del 1966 Cassa Sistina, Mario Ceroli ha fatto propri gli straordinari volumi della Sala delle Ciminiere del museo e a partire da quella condensata introflessione di elementi architettonici ha proiettato la sua arte nello spazio estroflesso, esaltandone l’impatto visivo e la forza espressiva.
La mostra di Bologna diventa così un solo corpo in cui attraverso un attento gioco di rimandi e connessioni le opere costituiscono la versione “esplosa” di uno spazio inventato dall’artista: nel percorso espositivo i lavori storici dialogano e si confrontano dialetticamente con i più recenti sfuggendo a criteri cronologici e storiografici.
Il titolo “faccia a faccia” fa riferimento al confronto tra l’umano e il divino che proprio il grande salone centrale del MAMbo, così simile a una cattedrale, ha ispirato.
Dopo un avvio di carriera come giovanissimo assistente negli studi degli scultori Leoncillo Leonardi, Pericle Fazzini e Ettore Colla, Mario Ceroli inizia la sua attività artistica concentrandosi sulla ceramica sotto l’influenza del clima informale. Il riconoscimento della propria materia espressiva nel legno avviene alla fine degli anni Cinquanta, prefigurando l’intuizione di una linea di ricerca originale che troverà il suo sviluppo in un complesso linguaggio formale di grande originalità.
In questa prima fase di sperimentazione, Ceroli intraprende una rigorosa ricerca sui profili in cui la sagomatura della figura viene assunta come principio archetipico in un processo di progressiva decostruzione, sintesi e riduzione del reale teso a cogliere la sostanza metafisica dell’immagine.
L’incipit cronologico da cui prende avvio la mostra, l’opera bifronte del 1962 ZOAS, caratterizzata dall’uso del lettering, testimonia una forte tensione dell’artista per trasformare le parole in forma, suggerendo già una spazialità che va oltre la dimensione naturale delle singole lettere. Nel tempo Mario Ceroli è stato accostato a diverse tendenze artistiche pur non essendovi organicamente assimilabile. A metà degli anni Sessanta sperimenta un nuovo approccio con un repertorio figurativo influenzato dalla Pop Art americana, che lo apparenta alla fertile scena avanguardistica romana per l’assunzione, non priva di ironia, di immagini colte dalla realtà contemporanea. Altro filone di ricerca che lo vede contiguo è quello dell’Arte Povera: il gesto artistico eseguito su un materiale primario quale il legno grezzo, investito di una potente capacità di rappresentazione, lo avvicina alle coeve ricerche di quel gruppo, assicurandogli la presenza espositiva nelle prime mostre dedicate al movimento teorizzato da Germano Celant che definisce l’artista romano “il costruttore ‘povero’ per eccellenza”. Alcuni lavori quali Centouccelli del 1967 e la sorprendente struttura modulare Primavera del 1968, si fanno addirittura precursori di espressioni quali la Minimal Art e l’Arte Ambientale: segnando l’evoluzione dalle prime semplici sagome appiattite verso insiemi articolati nello spazio come vere e proprie installazioni, aprono alla scultura come mezzo di espansione spaziale che conduce l’artista a realizzare interventi in cui l’ambiente diventa elemento fondamentale per l’accadimento dell’opera d’arte.
La vocazione monumentale sempre più consapevole con cui Ceroli costruisce lo spazio scultoreo determina un progressivo sconfinamento oltre i limiti oggettivi della tradizione in una spazialità scenica in cui le opere, vere e proprie architetture spettacolari in quanto a volumetria e composizione, invadono letteralmente l’ambiente, invitando in alcuni casi lo spettatore ad abbandonare il ruolo speculativo per renderlo attivamente partecipe dell’opera.
Il capolavoro del 1965 La Cina approfondisce e sviluppa i temi della scultura in relazione allo spazio e dell’interazione dell’opera con lo spettatore, segnando emblematicamente l’inizio della seconda fase della vicenda artistica di Ceroli. In questa opera, infatti, per la prima volta la reiterazione di sagome e forme stilizzate della figura umana di legno assumono nel loro ordinato incedere una dinamica narrativa di grande efficacia comunicativa grazie a una costruzione che, procedendo per stratificazioni e successioni di piani, definisce una vera e propria installazione.
Le opere realizzate a partire dalla fine degli anni Sessanta scandiscono una progressiva estensione spaziale dell’artista con una forte tensione scenografica e teatrale, segnando l’inizio di un fertile impegno in un ambito di attività che porta Mario Ceroli ad affermarsi tra i più originali autori nella storia della scenografia italiana contemporanea per il teatro di prosa e musicale, collaborando – tra gli altri – con Pier Paolo Pasolini e Luca Ronconi.
Nel corso degli anni Settanta Ceroli consolida un linguaggio plastico maturo e complesso accompagnato da un nitido rigore formale nell’uso sapientemente artigianale della materia grezza e da una forte concezione del volume e della spazialità degna della visione rinascimentale italiana. Esemplare per il suo costante riferimento culturale alla tradizione classica italiana è l’opera di straordinaria eleganza formale Battaglia (1978), imponente ricostruzione in legno del celebre capolavoro di Paolo Uccello La Battaglia di San Romano, che costituisce una delle imprese di articolazione scenica più spettacolari realizzate dall’artista.
La mostra al MAMbo documenta inoltre altri significativi orientamenti nella sperimentazione plastica e tematica dell’artista. Ad esempio, la componente razionale delle strutture improntate a un geometrismo astratto è evidente nelle opere realizzate fin dagli anni Sessanta Mappacubo (1966) e Mappatondo (1967) e ricorre anche nella produzione più recente di Ceroli con la serie di Proiezioni geometriche in ferro realizzate nel 2012. Un altro elemento ricorrente che attribuisce uno spessore simbolico al lavoro di Ceroli è la scrittura, testimoniato dalle sculture-scritture Terra, Fuoco, Aria, Acqua (1972-1975) che evocano il concetto di natura attraverso una sequenza di parole, mentre la sagoma e il profilo come componenti iconicamente determinanti risultano ancora presenti nella produzione di inizio anni Novanta come nell’opera Il Raccoglitore di miele del 1991. Tra gli anni Ottanta e Novanta la ricerca di Ceroli si indirizza principalmente sul piano della materia con libertà di scelte cromatiche e sperimentazione di materiali di origine naturale e industriale che ampliano e arricchiscono il suo alfabeto espressivo, dopo due decenni segnati da un uso preminente del legno. Vetro, terre colorate, stoffa, sabbia, cenere, sono alcuni dei materiali che Ceroli lavora con straordinaria pratica artigianale e originalità immaginativa, come nell’opera Sopra di noi il cielo del 1989, realizzata con solfato di rame capace di un profondo blu luminoso, e Scala di vetro del 1990 che ripropone un tema figurativo ricorrente nell’immaginario dell’artista con affascinanti effetti cromatici di trasparenza e luminosità. La rassegna è accompagnata da un catalogo bilingue (italiano / inglese) pubblicato da La casa Usher – Usher arte, che comprende un ampio racconto fotografico realizzato da Aurelio Amendola, con testi introduttivi di Gianfranco Maraniello e Luigi Ficacci, saggi critici di Lorenzo Vivarelli e Carlo Titomanlio, oltre a una testimonianza di Antonio Paolucci.
Durante l’intero periodo di apertura della mostra il Dipartimento educativo MAMbo propone un ricco calendario di visite guidate per adulti e famiglie e attività laboratoriali specifiche per bambini e ragazzi. Ingresso € 4 a persona più ingresso in mostra (€ 6 intero, € 4 ridotto), minimo 6 max 30 persone. Per info e prenotazioni: tel. +39 051 6496652 (dal lunedì al venerdì, h 10.00–13.00); tel. +39 051 6496611 (dal sabato alla domenica h 10.00- 17.00).
La mostra fa inoltre parte ART CITY Bologna, il programma culturale di esposizioni e iniziative istituzionali proposte, in occasione di ARTE FIERA, nei musei e in spazi pubblici della città.
L’iniziativa è inclusa nel “Programma per l’Arte Italiana”, dossier programmatico che raccoglie i progetti dedicati agli artisti italiani previsti nella programmazione dei musei associati a AMACI – Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani, per il periodo da novembre 2012 a novembre 2013. Mario Ceroli è nato a Castelfrentano (Chieti) nel 1938. Vive e lavora a Roma.