Dall’8 maggio al 27 giugno 2014 presso FL GALLERY Bienvenidos a Venezuela, la prima personale di Enzo Cucchi negli spazi della galleria. Artista di fama internazionale ed esponente di spicco della Transavanguardia, Enzo Cucchi presenterà per questa mostra un nucleo di nuovi lavori, di cui alcuni su tela, affiancati da due sculture inedite in bronzo.
Bienvenidos a Venezuela è un appuntamento dalle molte, affascinanti sfumature. Per prima cosa è un ritorno, che vede il pittore anconitano tornare artisticamente a Milano dopo molti anni di assenza. Ritorno che porta con sé importanti elementi di novità, perché nuova è la tecnica utilizzata da Cucchi per produrre le opere in mostra e nuova è la fase del lavoro che da qui si apre.
Bienvenidos a Venezuela è poi un racconto di viaggio, archetipo ancestrale dell’umanità, fatto di un’andata verso Sud alla ricerca di un sogno, e di un ritorno – da quel Sud che è la Roma di Enzo Cucchi o il Venezuela di Federico Luger, a un Nord che è rappresentato da Milano, la città che ospita la mostra – carico del bagaglio di emozioni e scoperte che quel sogno celava. Fondamento di questo viaggio è la complicità tra l’artista e il gallerista, che in questa occasione non è solo mercante ma è soprattutto interlocutore, persona con cui condividere desideri e ambizioni. Ecco allora che l’abbraccio che Federico Luger, venezuelano di nascita, apre all’artista con questo Bienvenidos a Venezuela, allude prima di tutto al viaggio dell’uomo verso l’uomo. Sarà dunque la trasposizione di questo abbraccio fatto di empatia, condivisione e accoglienza a strutturare poeticamente la mostra, allargandone a perdita d’occhio i confini.
Bienvenidos a Venezuela si pone infine come una riflessione su molteplici livelli, non ultimo quello sul concetto di nuovo che, di fronte alla produzione inedita di Cucchi, ha qui pieno diritto di cittadinanza. Nel percorso di un artista, infatti, l’idea di novità è sicuramente un argomento complesso che, nell’approccio quasi antico e insieme rivoluzionario di Enzo Cucchi, porta con sé un elemento quasi contraddittorio: il nuovo è anche il vecchio. Non si tratta di un gioco linguistico, bensì di un’incursione nel significato profondo delle parole e della vita; perché se un’opera vuole definirsi come nuova, allora deve contenere tutto il vecchio già prodotto, pensato, sofferto e digerito e, rifiutandolo, deve prodursi da quella cenere, che è solida però come fondamenta.
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