Si tratta del risultato di una selezione dei lavori, sul filo del mapping urbano, realizzati nel corso degli ultimi tre anni del workshop “Dalla rappresentazione all’azione. Laboratorio teorico/pratico sulla Public art (esperienze, metodi e pratiche di progettazione artistica nello spazio pubblico)” tenuto da Mili Romano all’interno del corso di Antropologia culturale all’Accademia di Belle Arti di Bologna.
Il workshop è un invito ai giovani artisti a farsi “Flâneur”, passeggiatori nella città con orecchie ed occhi ben aperti, videocamera, macchina fotografica, taccuino e quant’altro ciascuno ritenga utile per attivare lo sguardo, educarlo e sottometterlo ad un continuo “training”.
Gli artisti in mostra sono: Giorgia Addazzio, Barbara Baroncini, Laura Bisotti e Simona Paladino, Alisia Cruciani, Francesco Cau, Sara Giovacchini, Holly Heuser, Silvia Iuorio, Martina Marino, Valeria Talamonti, Martina Trabucco, Giulia Vallese, Maura Vanzo.
Da qualche anno, nel corso del workshop Dalla rappresentazione all’azione. Laboratorio teorico/pratico sulla Public art: esperienze, metodi e pratiche di progettazione artistica nello spazio pubblico che tengo all’interno del corso di Antropologia culturale all’Accademia di Belle Arti di Bologna, invito i giovani artisti ad una passeggiata con occhi ed orecchie ben aperti, videocamera, macchina fotografica, taccuino e quant’altro ciascuno ritenga utile per attivare lo sguardo, educarlo e sottometterlo ad un continuo “training”.
Dalle molteplici passeggiate, “metodo” imprescindibile che sta alla base di ogni progetto di public art, sono nate anche queste mappe che colgono della città quei flussi affettivi e quei rituali quotidiani che attraversando con libertà degli strumenti della sociologia e dell’antropologia, con levità, vogliono far emergere i percorsi emozionali che affiorano dietro gli ordinari spostamenti nella città, fra passato e presente, e odori, musiche, narrazioni, suoni, rumori, frammenti di architetture e griglie urbanistiche, aree verdi, centro, aree periferiche e nuove aree metropolitane.
Queste mappe “altre”, dai linguaggi e tecniche più diversi, che vanno dal video (Giorgia Addazio con Martina Trabucco, Alisia Cruciani, Francesco Cau, Sara Giovacchini) alla fotografia (Martina Trabucco, Valeria Talamonti), dalla narrazione (Silvia Iuorio, Giulia Vallese) al sound (Maura Vanzo) e all’illustrazione (Martina Marin), al web che invita ad una giocosa interazione (Holly Heuser) fino all’ azione più partecipativa realizzata con la collaborazione della Biblioteca Sala Borsa (Laura Bisotti con Simona Paladino) e all’azione più concettuale ed installativa (Barbara Baroncini), intrufolandosi nella mostra permanente dell’Urban Center, sono, in aperta sinergia con le strade e i quartieri di Bologna, un invito a guardarsi intorno e a vivere la città con uno sguardo rinnovato.
Due sono, da sempre, per il workshop, gli spunti iniziali dai quali si parte: il flâneur, figura chiave, da Baudelaire ad oggi, della città contemporanea: colui che a forza di gambe la percorre in lungo e in largo, con curiosità insaziabile e sguardo acuto, pronto a tutto cogliere e per il quale le strade rappresentano un continuo stimolo alla creazione, e, attraverso la passeggiata come metodo di avvicinamento e di esplorazione, il progressivo aprirsi ad una mappatura affettiva che dalla secentesca “Carte du pays de tendre” di Madeleine De Scudéry, arriva, attraverso la rilettura che ne fanno i surrealisti, Guy Debord e i situazionisti con la psicogeografia, fino ai molti artisti che dalla Land art ad Annette Messanger e Sophie Calle tentano, stabilendo un principio di reciprocità fra motion ed emotion, di disegnare attraverso i quotidiani andirivieni un paesaggio caldo ed affettivo. Per questa geografia delle emozioni un bel libro di riferimento è stato quello di Giuliana Bruno Atlante delle emozioni.
Alcune delle nostre mappe sono entrate a far parte del geoblog “Percorsi emotivi” (www.percorsi-emotivi.com) attivo con successo per qualche anno e nel quale una sezione era dedicata proprio all’attività degli studenti dell’Accademia impegnati nel nostro workshop.
Georges Perec, negli anni ’70, in Tentativo di esaurimento di un luogo parigino, per tre giorni si posiziona sempre nello stesso posto in una piazza di Parigi che diventa il suo punto di osservazione, e annota tutto ciò che il suo occhio vede: persone, macchine, autobus, animali, nuvole, impercettibili variazioni del tempo e della luce, cose all’apparenza insignificanti ma che costituiscono la vita di una città, il suo carattere e la sua anima: “Molte, se non la maggioranza, di queste cose sono state descritte, inventariate, fotografate, raccontate o segnalate. Il mio proposito nelle pagine che seguono è stato piuttosto di descrivere il resto: quello che generalmente non si nota, quello che non si osserva, quello che non ha importanza: quello che succede quando non succede nulla, se non lo scorrere del tempo, delle persone, delle auto e delle nuvole”.
Ogni tentativo di esaurimento di un luogo è impossibile dunque e la città ci sfugge sempre. Ogni tentativo di cogliere a pieno quel serbatoio inesauribile e in cambiamento continuo è destinato ad essere un consapevole, lento e paziente “imparare a vedere”.