“Quel non so che di antico e di moderno…” lo scriveva Carlo Carrà dopo la stagione futurista e la sua adesione alla metafisica in un tempo in cui – era il 1919 – era ormai rivolto a un ripensamento del passato, già avviato in due precedenti saggi, Parlata su Giotto e Paolo Uccello costruttore.Un pensiero, quello di Carrà, che ormai andava diffondendosi anche oltre i confini, dopo le “avventurose” sortite delle avanguardie che avevano segnato il primo Novecento fino alla Grande Guerra. Se la fase delle avanguardie storiche non poteva ancora dirsi conclusa, almeno fino all’entrata in scena del Surrealismo – il manifesto del 1924 ne suggella la nascita – il clima storico era profondamente mutato, come testimoniano i cambiamenti di rotta di diversi protagonisti di quelle stesse avanguardie, e il “Novecento italiano” di Margherita Sarfatti e più estesamente il diffuso “ritorno all’ordine” che coinvolse molti artisti europei. Ma il richiamo dell’antico resta insopprimibile anche nella seconda parte del secolo, dalle neoavanguardie alla stagione del ‘postmoderno’ che segna la irreversibile usura del loro mito.
La mostra La seduzione dell’antico. Da Picasso a Duchamp, da De Chirico a Pistoletto narra quanto sia stato insopprimibile il richiamo all’“antico” lungo tutto il secolo, come confermano le opere esposte al MAR – Museo d’Arte della città di Ravenna – dal 21 febbraio al 26 giugno 2016, di grandi protagonisti italiani e stranieri di generazioni, aree culturali, tendenze diverse.
La mostra, promossa dal MAR, realizzata grazie al prezioso sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, e a cura di Claudio Spadoni, attraversa l’intera storia del Novecento documentando artisti e vicende che testimoniano una ripresa della tradizione in una restituzione moderna di modelli e valori dell’antico.
Talora attraverso la citazione esplicita, oppure in forma evocativa, o come pretesto per una rilettura inedita di opere e figure mitizzate del passato, o con la loro riproposta in veste di icone contemporanee, fino alle operazioni ironiche o dissacratorie condotte da alcuni artisti.
Una tradizione intesa come restituzione moderna di modelli dell’antico, anche fino all’esplicita citazione; oppure in forma evocativa, come pretesto per una rilettura inedita, come uno sguardo disincantato rivolto a opere e figure mitizzate del passato da contestualizzare nella contemporaneità, per giungere alle operazioni più disincantate e dissacratorie condotte da alcuni artisti.
Attraverso otto sezioni l’esposizione racconta protagonisti come De Chirico, Morandi, Carrà, Martini e Casorati; il periodo cruciale del “ritorno all’ordine” fra le due Guerre quando prima Sironi e poi gli artisti italiani più significativi esponevano sotto l’etichetta del “Novecento”, il movimento promosso da Margherita Sarfatti; fino narrare il Realismo magico, le versioni diversissime del Neobarocco, da Scipione a Fontana a Leoncillo; illustrare attraverso le loro opere figure di artisti quali Guttuso e Clerici; la stagione della Pop Art, con Schifano, Festa, Angeli, Ceroli, e quindi, nel pieno dell’Arte Povera, raccontare di Paolini e Pistoletto. E ancora, da Salvo ad Ontani, da Mariani a Paladino e la rilevante presenza di stranieri quali Duchamp, Man Ray, Picasso, Klein.
Il Novecento è stato il secolo all’insegna del “nuovo” che ha visto le avanguardie dei primi decenni e quindi le neoavanguardie del secondo dopoguerra protagoniste della scena artistica internazionale, che la mostra intende descrivere, a cui la critica, i Musei, le Fondazioni e il mercato dell’arte hanno rivolto sempre maggiori attenzioni.
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martedì e giovedì 10-12 / 15-17