Il terremoto del 2012, con le due forti scosse del maggio 2012 (magnitudo 6,0 e 5,9), ha colpito soprattutto le provincie di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, ed è stato un evento tragico e costoso per la regione Emilia Romagna. Fortunatamente il territorio bolognese è stato appena lambito da quelle scosse e i Bolognesi hanno provato soprattutto paura e apprensione, ancora oggi vive nel ricordo. Ma se si guarda ai secoli passati, lunghe sequenze sismiche si sono originate proprio in area bolognese; alcune di esse hanno causato danni, modificando non solo il patrimonio edilizio dei paesi e della città, ma anche le condizioni di vita di chi ne fu colpito. In passato tali aree erano per lo più agricole, ma oggi sono densamente popolate e ospitano anche numerose industrie.
La centralità dei terremoti nella storia della città, fenomeni tutt’altro che sporadici o fortuiti ma strutturali alla conformazione geologica del territorio, trova oggi la sua naturale collocazione all’interno del Museo della Storia di Bologna (via Castiglione, 8) con l’inaugurazione della nuova Sala dei Terremoti, situata al secondo piano di Palazzo Pepoli. La Sala intende essere un punto informativo stabile sui caratteri sismici della città e dell’intera area bolognese – dalla pianura all’Appennino – in cui risiede oltre un milione di abitanti.
Il progetto di Emanuela Guidoboni, nota esperta di sismologia storica, è stato realizzato con il Centro di documentazione EEDIS – Eventi Estremi e Disastri. Per gli aspetti geologici, cartografici e strumentali storici hanno collaborato rispettivamente Gianluca Valensise, Gabriele Tarabusi e Graziano Ferrari dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Roma; ha visionato Gian Battista Vai, Università di Bologna e Museo Geologico Capellini. La progettazione e lo sviluppo delle applicazioni multimediali sono di Stefano Fabbri.
Storia e Scienza sono dunque la chiave di volta di questa nuova proposta culturale nel Museo della città. I terremoti sono un fenomeno naturale, fanno parte della vita della Terra, ci sono stati e ci saranno ancora; essi sono quindi un carattere stabile del paesaggio geologico e abitato. Da secoli gli effetti distruttivi hanno segnato la storia economica, sociale e culturale del nostro Paese; ma a fronte di questo, i terremoti compaiono nella comunicazione sociale come cronaca, divulgando l’errata convinzione che si tratti di fenomeni casuali e del tutto imprevedibili.
Nonostante la frequenza dei disastri sismici nel nostro Paese – in media uno ogni 4-5 anni – e il loro enorme peso economico e sociale, siamo ancora esposti a derive fataliste. È quindi una scelta rilevante mettere a disposizione della popolazione scolastica, dei cittadini e dei turisti i dati scientifici più avanzati riguardanti la frequenza e le magnitudo dei forti terremoti di Bologna e del suo territorio, assieme alla descrizione dei loro effetti. In questo settore da anni disponiamo di opere che il mondo scientifico internazionale ci invidia, come la grande banca dati del Catalogo dei Forti Terremoti in Italia dal mondo antico al XX secolo (CFTI-5Med, Guidoboni et al., 2018, prima edizione 1995, http://storing.ingv.it/cfti/cfti5/#), di recente presentata nella sua attuale architettura e finalità in Nature Scientific Data (2019). Molti dei dati messi a disposizione negli apparati multimediali della Sala provengono da lunghe ricerche precedenti, confluite in tale opera multidisciplinare.
Dal XII secolo a oggi sono 38 i terremoti noti che hanno interessato la città e la sua attuale area metropolitana; considerando solo gli ultimi cinque secoli, ossia da quando le informazioni storiche disponibili sono più precise e dettagliate, sono 26 i terremoti che hanno arrecato danni in area bolognese, tra cui spiccano le crisi sismiche del 1504-1505, 1779-80, 1834, 1881 e 1929. Fra i 55 Comuni dell’area metropolitana, 33 hanno subito nel tempo effetti sismici, sui quali sono qui disponibili descrizioni specifiche. Il percorso espositivo si concentra soprattutto sui monumenti danneggiati di Bologna, localizzati in una grande mappa interattiva, aprendo scenari sconosciuti o poco noti sulla storia delle architetture, sui restauri e sui consolidamenti ancora oggi visibili: ad esempio il grande cerchione di ferro con cui fu cinto il tiburio della cupola del Santuario della Madonna di San Luca, a seguito del terremoto del 1881.
Dopo un forte terremoto ci si interrogava sulle possibili spiegazioni del fenomeno: ciò avveniva ovviamente all’interno del quadro cognitivo del tempo, aggiungendo però idee, dibattiti, ragionamenti nuovi. Quelle lontane discussioni sono oggi pagine di storia della scienza – di cui si era perso il ricordo – scritta da intellettuali, medici, astronomi e giuristi bolognesi. Punto di partenza è il trattato del famoso umanista Filippo Beroaldo il Vecchio, che appena pochi mesi dopo il terremoto del 1505 pubblicò una dottissima interpretazione nel solco della grande cultura classica, aggiungendo annotazioni mediche sugli effetti emozionali e di paura nel corpo umano.
La Sala offre dunque la possibilità di conoscere dati precisi sulla sismicità e di intraprendere un percorso nella storia culturale di questi temi, esposta sia nei pannelli esplicativi, sia nei numerosi approfondimenti contenuti nel tavolo touch centrale e nei due supporti multimediali. La carrellata sui protagonisti di quei dibattiti, autori di trattati, opuscoli o relazioni, va da Ludovico Vitali (1508) a Lucio Maggio (1571), a Flaminio Mezzavacca (1672) a Jacopo Beccari (1703) fino a Luigi Galvani e ai matematici “illuministi” bolognesi di fama europea, come Sebastiano Canterzani e Alfonso Bonfioli Malvezzi. Per collocare quei contributi nella storia del pensiero sismologico è stata predisposta anche una sintetica sezione informativa sulle teorie interpretative sul terremoto, dal mondo antico al XX secolo Nell’Ottocento furono rilevanti le prime sperimentazioni strumentali del conte Antonio Galeazzo Malvasia, che diedero origine a un Osservatorio meteorologico-sismico negli edifici del Santuario della Madonna di San Luca, poi chiuso agli inizi del Novecento, disperso e dimenticato. Nella Sala sono esposti anche due tromometri e un sismoscopio, ispirati a quegli esperimenti pionieristici.
Il percorso prevede quindi un approfondimento su “Che cosa sono i terremoti e perché accadono”, tema visto con gli occhi degli scienziati di oggi, punto di comprensione geologica e di convergenza fra i tempi lunghi della geologia e i tempi assai più brevi della storia umana.
Nel tavolo touch sono disponibili anche dei filmati su alcuni terremoti italiani del Novecento, gentilmente messi a disposizione dalla Cineteca di Bologna.
In finale attendono il visitatore alcune considerazioni sulla possibilità di difendersi dai futuri terremoti, un obiettivo inseguito da secoli: da Leonardo da Vinci a Pirro Ligorio, attento testimone del terremoto di Ferrara del 1570, a seguito del quale egli elaborò il progetto di una casa resistente ai terremoti, il primo dell’intera area occidentale.
La conoscenza dei terremoti già subiti, e potenzialmente ripetibili, è oggi la base di una consapevole e condivisa percezione del rischio per un’efficace e innovativa prevenzione: una sfida moderna, da vincere grazie anche ai dati del passato. “L’importanza di un Museo sa nella sua capacità di incidere in maniera viva nel tessuto culturale e sociale di una città – dice il professor Fabio Roversi-Monaco, Presidente di Genus Bononiae. Musei nella Città. – Per questo abbiamo fortemente voluto arricchire il nostro percorso di questo tassello, concepito per sollevare interrogativi, animare dibattiti e mostrare come la storia sia un imprescindibile punto di partenza per la progettazione razionale e costruttiva di ogni società civile”.