Fino al 12 gennaio presso la galleria P420 (piazza dei Martiri 5/2, Bologna) la mostra Index, curata da Miriam Schoofs, retrospettiva dell’artista tedesca Hanne Darboven (Monaco, 1941–Amburgo 2009), di certo una delle figure più rilevanti dell’Arte Concettuale Europea e mondiale.
Cresciuta negli anni della nascita della Minimal Art e dell’Arte Concettuale
Americana, l’esordio artistico di Hanne Darboven è da collocare nella metà degli
anni Sessanta con i construction drawings, durante un soggiorno a New York durato
due anni. E’ qui che, dopo una breve fase geometrica, Hanne Darboven trova
il suo rivoluzionario e caratteristico sistema di disegno e scrittura.
Logico ed enigmatico al tempo stesso, il suo lavoro è fatto di segni, parole,
numeri, calcoli.
«Uso i numeri perché questo è un modo per scrivere senza descrivere. Non
ha nulla a che vedere con la matematica. Proprio nulla. Scelgo di usare i numeri
poiché sono così stabili, limitati, artificiali». Queste le parole con cui Hanne Darboven
descrive il proprio lavoro sulla rivista Artforum nel 1973. «I miei sistemi
sono concetti numerici, che lavorano in termini di progressioni e/o riduzione, in
qualche modo simili ai temi con variazioni in musica.
Mi piacciono i mezzi più umili e meno pretenziosi, perché le mie idee si fondano
su loro stesse e non sul materiale; è la natura stessa delle idee ad essere non
materiale».
Idee quindi, inarrestabili flussi di pensiero che prendono forma nella compulsiva
necessità di scrivere, di tracciare, di tradurre in numeri, di mettere ordine, di
ridurre all’essenziale.
Ossessionato, compulsivo, logico e onirico, al tempo stesso rigido quanto
poetico, il lavoro di Hanne Darboven è da inquadrare nella tendenza, tipica degli
anni ’60 e ’70, alla dematerializzazione dell’arte teorizzata tanto da Lucy Lippard
quanto da Sol Lewitt, alla riduzione dell’espressione artistica ad un’idea razionale,
indipendentemente dalla sua concreta realizzazione.
A partire dalla fine degli anni ’70, Hanne Darboven aggiunge un’altra dimensione
al suo vocabolario artistico: quella della musica. Nasce così un sistema
musicale in cui i numeri si sostituiscono alle note, in cui un modello numerico
diventa una sinfonia eseguibile.
La mostra, curata dalla critica Miriam Schoofs in collaborazione con la Hanne
Darboven Foundation di Amburgo, presenta una selezione di lavori realizzati tra
gli anni ‘70 e la metà degli anni ’90, oltre ad alcuni tra i suoi più significativi libri
d’artista, per i quali lei stessa amava definirsi scrittrice prima ancora che artista.
Catalogo della mostra disponibile in galleria.