Al vino italiano non fanno difetto né qualità né prestigio per imporsi sul mercato cinese ma il mancato coordinamento tra una miriade di azioni, che pure hanno puntato sulla qualità e su un’immagine corretta, ne ha finora frenata una più massiccia ed incisiva presenza.
E’ uno dei dati, forse tra i più significativi, tra i tanti emersi dal workshop internazionale “Il vino e la Cina” organizzato a Montepulciano, al Teatro Poliziano, e coordinato dalla Biblioteca Archivio “P. Calamandrei” con numerosi partner istituzionali tra cui il Consorzio del Vino Nobile.
In questo contesto sono state lodate le azioni svolte dall’associazione dei produttori di Nobile che, oltre ad avere un carattere continuativo, hanno messo sempre in primo piano la qualità del pregiato “rosso” DOCG ed il suo stretto legame con il territorio, riuscendo a trasmettere un messaggio pregnante anche dal punto di vista culturale. A favore di un vino come il Nobile gioca anche il valore dell’antica tradizione che avvicina il prodotto alla storia ed alle preferenze dei cinesi.
E’ stato rimarcato che, secondo un recente sondaggio condotto dal “China wine information network”, il 95% dei consumatori cinesi ha una limitata conoscenza del vino e del suo mondo ma è disponibile ad approfondirla. Il 60% preferisce, a parità di prezzo, acquistare vino importato rispetto a quello domestico, con una marcata, recente tendenza a privilegiare vini di prezzo medio/medio alto rispetto a quelli di fascia alta. I margini di crescita, insomma, non mancano e la Cina è un immenso mercato ancora da valorizzare.
Lo confermano i dati resi noti dal Consorzio del Vino Nobile che dal 2010 al 2013 ha visto quasi decuplicare le esportazioni del prodotto verso la Cina, con un valore finale vicino ai 300.000 Euro che pesa per oltre il 7% sulle esportazioni complessive di vino proveniente dalla provincia di Siena. Dal 2008 il Consorzio è costantemente presente in Cina con proprie iniziative e ha contribuito alla creazione di Yishang, l’enoteca italiana a Shanghai.
Il valore degli investimenti diretti effettuati dall’associazione dei produttori sul territorio cinese ha superato nel 2013 i 50.000 Euro mentre quelli compiuti nell’ultimo biennio con altre denominazioni toscane si sono attestati oltre i 385.000 Euro. Nel 2008 non erano più di cinque le aziende che esportavano Vino Nobile in Cina, ora sono già dodici. A maggio, a Shangai, il vino DOCG di Montepulciano incontrerà la stampa poi, alla fine del mese prossimo, parteciperà al Vinexpo di Hong Kong mentre è stato preannunciato che della giuria della prossima edizione di “A Tavola con il Nobile”, il concorso gastronomico riservato alle contrade ed inserito nel programma del Bravìo delle Botti, faranno per la prima volta parte due giornalisti cinesi.
L’incontro al Teatro Poliziano ha richiamato un pubblico vasto ed eterogeneo che ha puntato su Montepulciano provenendo da tutta Italia ma anche dalla Cina. Ad affollare l’elegante teatro, oltre agli studenti dei Licei Poliziani, che dal prossimo anno scolastico potranno studiare la lingua asiatica, ed a quelli cinesi che attualmente frequentano i corsi all’Università per Stranieri di Siena, anche rappresentanti delle Istituzioni, studiosi, ricercatori ed operatori commerciali del mondo vinicolo che operano nei due paesi.
Le relazioni, che hanno innalzato il convegno verso un’alta qualità complessiva, hanno confermato che Italia (e Toscana), nella commercializzazione del vino in Cina, hanno accumulato una valida esperienza che ha prodotto frutti concreti per numerosi operatori; ma il carattere talvolta episodico delle iniziative intraprese per affermarsi, oltre ad impedire il raggiungimento dell’obiettivo pieno, ha anche indebolito la percezione del prodotto da parte dei consumatori.
Nel 2020 la Cina diventerà comunque il maggior consumatore di vino al mondo, ma già oggi il paese orientale dedica a questo prodotto un’attenzione particolare, considerandolo – in particolare quello rosso – come l’alternativa decisamente più “salutare” ed elegante ad altre bevande alcooliche e, soprattutto, un forte strumento di aggregazione e un dono di classe.
La Toscana (con l’Italia) non vuole perdere questa occasione: i suoi vini sono già conosciuti e apprezzati in Cina, eppure i margini di crescita sono ancora ampi, in termini di esportazione, di quote di mercato e soprattutto di “consolidamento del brand”.
Interessanti, a tratti sorprendenti, i risultati di una ricerca presentata dal sociologo Qiu Zeqi, dell’Università di Chongqing, sulla percezione del vino occidentale in Cina e sulle abitudini dei consumatori. Il vino di qualità si beve quasi esclusivamente in compagnia e viene considerato un eccellente strumento per cementare le relazioni sociali; addirittura, consumare nel corso di un banchetto una quantità di vino che da ebbrezza è considerato un segno di fiducia verso gli altri commensali.
Alcune recenti misure restrittive adottate dalle Istituzioni cinesi in materia di scambio di regali di lusso, al fine di ridurre la corruzione, paradossalmente ha aiutato il vino italiano che non si posizione nella fascia top ma è apprezzato anche per l’eccellente rapporto qualità-prezzo.